Cappello Garibaldino 09

Il restauro di un cappello Garibaldino

Cappello Garibaldino 09

Restauro di un cappello Garibaldino

Ergisto Bezzi: un garibaldino! 

Trovarsi tra le mani un oggetto che appartiene ad un pezzo di storia così importante per la nostra nazione è stata davvero un’emozione incredibile.

Quando mi fu chiesto di restaurare questo cappello, adesso finito in mostra in un museo di cui ho ahimè perso le tracce, ho sentito anche il peso della storia che inizialmente mi aveva davvero impaurito.

Riuscire a fare un buon lavoro su qualcosa che risultava davvero quasi definitivamente rovinato era impresa assai complicata. Tuttavia la rarità di questo tipo di intervento mi spingeva a fare davvero quanto di meglio potessi. In fondo questo era un copricapo appartenuto ad un temerario, non potevo certamente cedere io alla paura di sistemarlo.

Come spesso succede, però, le idee confuse spariscono ogni volta che mi metto al lavoro: concentrata su questo oggetto così prezioso giunto a noi dal passato, sono riuscita a riversare tutto il mio amore da modista nel recupero.

Prima Fase: lo Smontaggio

(utilizza le frecce per scorrere le immagini)

Sono molto contenta di quanto sono riuscita a fare. Gli unici dubbi che ho rimangono appesi all’oggetto in sé, non al lavoro che dovevo fare.

Chi era dunque Ergisto Bezzi? Che cosa significa davvero il logo che campeggia sopra la visiera?

Alla seconda domanda non so ben rispondere. Spero quindi che qualcuno che ci legge, esperto di queste cose, possa illuminarci e arricchire questo mio racconto di un restauro con notizie storiche interessanti che potrei aggiungere in un secondo momento a questo mio racconto.

 Chi fu Ergisto Bezzi?

“Caro a Mazzini e Garibaldi, sospirò col primo, combatté col secondo”

Così scrissero di lui nel 1920 quando morì a Torino dopo una vita completamente dedicata alla causa.

Partecipò alla Spedizione dei Mille nel 1860 quando aveva venticinque anni tra le fila delle Guide del Simonetta.

Fu tra i primi a entrare a Palermo e primissimo a mettere piede in Calabria, a testimonianza del suo eroismo e della sua caparbietà, qualità che ho cercato ovviamente di far mie nel lavoro di ricostruzione del suo cappello.

Da quel momento ebbe una carriera politica e militare in grande crescita ma totalmente votata alla causa: rifiutò infatti per ben due volte la vanagloria della Croce di Savoia, così come rinunciò, nel 1890, al mandato di Ravenna che lo aveva eletto deputato, scomparendo dalla scena politica italiana.

Seconda Fase: il Restauro

(utilizza le frecce per scorrere le immagini)

Che bella avventura! Mentre lavoravo, dopo aver letto le poche notizie che avevo trovato su di lui, mi sono sentita come trasportata al suo fianco durante tutte le mirabili avventure alla ricerca dell’Indipendenza d’Italia. 

Ho curato il suo cappello quasi come fossi una dottoressa da campo. Non capitano tutti i giorni opportunità di lavoro così particolari e sono davvero felice di essere stata chiamata a questo particolare intervento.

Qualcuno sa dirmi in quale museo si trovi adesso questo mio restauro?


Se volete vedere alcune delle mie creazioni attualmente in vendita online su Etsy potete seguire questo link, altrimenti, se vi trovate in zona, venitemi a trovare nel mio atelier in Via Ricasoli a Livorno. Vi aspetto!

Alessandra

Non vedo l'ora Rinaldelli Modisteria

Non vedo l’ora

Non vedo l'ora Rinaldelli Modisteria

Photo © by theblacksquare

Non vedo l’ora…

…che arrivi il profumo della Primavera e poi il caldo dell’estate e con queste le prime Cerimonie: matrimoni, comunioni.

Ah, beh. Ognuno ha i propri piaceri personali. Questo però è il momento nel quale chi si occupa di cappelli può uscire dal ruolo di difensore dal freddo e impersonare con più energia e piacere quello dell’artista.

Ah, scusate. Non mi sono presentato anche se ho già scritto su questo blog.

Sono il Cappellaio Matto

e gironzolo qua e là in questo sito, dando parola ad Alessandra che mi sussurra le sue cose mentre lavora.

Perché lei lavora! Non come me che mi aggiro nelle stanze del suo negozio, per passare all’atelier e di nuovo di là, in continua estasi per le cose che vedo.

E quindi non vedo l’ora perché questo è il periodo nel quale le belle signore che stanno per salire all’altare vengono a sprigionare i loro sogni per abbellire il loro vestito da sposa con qualcosa che renda giustizia al loro volto felice e timido.

È il periodo in cui anche le loro madri, così come quelle degli sposi, e le sorelle, le amiche, le damigelle, compiono lo stesso rito. Un esercito di sorrisi, finestre su volti come case accoglienti. che cercano un tetto come si deve: un cappello, un’acconciatura, qualcosa che stupisca loro per prime e poi chi le osserverà.

Questo è il periodo nel quale si incontrano tante persone, si condivide con loro un momento di gioia cercando di soddisfarle e di renderle uniche, almeno per un giorno.

Ma questo è anche il momento nel quale Alessandra sta sfornando nuove idee che presto si tramuteranno in un negozio online. Fervono quindi i preparativi dei modelli che saranno a disposizione per le amanti (e gli amanti) dei cappelli di tutto il mondo.

Quindi non vedo l’ora.

E siccome quando non vedo l’ora sono pieno di energia – e proprio visto che non faccio altro tutto il giorno – ho deciso di dare un piccolo contributo anche io, vergando pensieri a caso in questo spazio in maniera più serrata e costante.

Da oggi quindi questo spazio sarà più frequentato da parole e immagini. Lasciate perdere questa presentazione; un saluto in fondo ci vuole. Le buone maniere…

Da domani parleremo del più e del meno insieme, seguendo anche questo percorso nuovo che porterà i modelli Rinaldelli alla vendita online.

Intanto però potreste dare un’occhiata alla nuova sezione dedicata proprio alle Cerimonie e ai Matrimoni, che ne dite?

Io torno di là, a vedere che cosa combina la creatrice

A presto.

Un cappello per tutti

Un racconto del Cappellaio Matto per augurare a tutti voi
Buone Feste di Natale!

“Un cappello per tutti!”

Quel giorno il cappello scivolava di lato come se volesse fuggire dalla mia testa.

Lo tenevo per orgoglio e tradizione: mio nonno portava il cappello, mio padre sembrava esser nato col cappello. Io, di conseguenza, ero stato abituato a portare il cappello sin da subito.
Queste son cose che crescono con te. Alla fine non puoi sfuggire ed io non riuscivo, infatti: senza cappello mi sentivo nudo più che senza molti altri tipi di indumento.

Però quel giorno il cappello sembrava non volere me. O forse era il Libeccio, dispettoso, che si infilava da ogni lato disponibile della mia testa – forse perfino dalle orecchie – e che voleva liberarmi del mio amuleto. Così mi aggiravo per le strade di Livorno tenendo strette le falde con due mani. Sembravo una brutta copia dell’Urlo di Munch. Ma con il cappello.

Ricordo allora di essermi diretto quasi inconsciamente verso Via Ricasoli dove si trovava il negozio che aveva visto nascere tutti i cappelli di famiglia: Rinaldelli.

Camminando con quella postura innaturale e buffa mi rendevo conto per la prima volta che una parte importante di me sarebbe potuta volare via. Di conseguenza mi costrinsi a guardare gli altri per vedere se avevano lo stesso mio problema.

rinaldelli modisteria livorno cappello per tutti 02

Vedevo sciarpe, cappucci, paraorecchie ma pochi, pochissimi cappelli. Allora il mio pensiero corse ai tempi in cui, bambino, uscivamo in famiglia tutti assieme nei giorni di festa. Ognuno di noi vestiva gli abiti buoni. Ognuno di noi aveva il cappello.
Mio padre aveva il suo da tempo. Non se ne liberava mai. Lo portava con fierezza al lavoro, alle manifestazioni, agli eventi culturali, allo stadio. Lo prendeva in mano con circostanza quando doveva annunciare cattive notizie o quando la timidezza di fronte all’interlocutore gli faceva abbassare lo sguardo. In quei casi lo straziava con la mani: era il suo strumento di sicurezza, quasi cercasse di trarre forza dai suoi tessuti, dalla sua struttura. Altre volte lo avevo visto lanciarlo in aria con gioia, come quando ebbe la notizia che non avrebbe perso il lavoro o come quando mia sorella si sposò e la sua gioia quasi forzata nascondeva forse quel piccolo dolore di padre che vede la sua bambina andare tra le braccia altrui.

Mia madre, invece, aveva alcuni cappelli che utilizzava in occasioni diverse: il cappello era il sostituto che mio padre aveva scelto per lei come dono rispetto a gioielli e cose preziose che non poteva permettersi. Ogni qual volta un compleanno, un Natale o un anniversario si affacciavano al tempo, lui l’accompagnava in negozio a provare e scegliere un nuovo cappello. Mia madre aveva un volto bellissimo, appoggiato su un collo infinito. Attorno a quella grazia non si avvolgevano collane o catenine preziose ma quella nudità importante annunciava allo sguardo di chi stava di fronte che era più su che si doveva guardare, proprio là dove gli occhi incurvavano con ciglia di cervo verso l’alto. E lì si trovava il prezioso che chiosava tutto: il cappello.

rinaldelli modisteria livorno un cappello per tutti 03

Io avevo invece un berrettino senza pretese che parava le orecchie nelle giornate più fredde e che mi scaldava le idee, molte idee, in attesa che crescessero con me.
Poi arrivò il giorno della mia prima volta al lavoro. Mi ricordo di aver avuto poco meno di 18 anni e che mio padre mi volle accompagnare a tutti i costi in bicicletta per ostentare lungo la via il suo sorriso che certificava l’orgoglio.
Quel giorno, di mattina presto, mentre io cercavo affannosamente di eliminare quei pochi peli che timidamente cominciavano ad affacciarsi sul volto, mio padre bussò alla porta del bagno chiedendomi di raggiungerlo in soggiorno una volta che fossi stato pronto.

Così feci. Entrai nella stanza mentre ancora cercavo di controllare che la lunghezza delle maniche della camicia corrispondesse a quella della giacca. Ricordo che mi fece un discorso un po’ intricato, a dire il vero non ne ricordo le parole ma l’enfasi, l’energia. Insomma cercò di mettermi sull’avviso rispetto al mondo del lavoro; credo che mi abbia detto di dare più di quanto mi sarebbe stato chiesto, di essere rispettoso, di provare a divertirmi in quel che facevo, di dare il massimo e di non aver paura della fatica a fine giornata, perché tutto sarebbe ripagato dalla riconoscenza. O qualcosa del genere. I miei occhi però erano già da tempo scivolati su un involucro strano che teneva alle sue spalle. E forse avevo già capito.

Alla fine del suo discorso infatti aprì la scatola e mi porse il mio nuovo cappello. Il mio primo, vero, cappello da uomo.

Che poi è questo qui che forse stufo di me sta cercando di farsi portar via dal vento. Sempre quello, vi chiederete?
Ovviamente ne ho avuti altri nella vita. Ma quello rappresenta per me un ricordo troppo importante perché me ne liberassi. Ho finito per tornare decine di volte in questi anni da Rinaldelli per far sì che lo aggiustassero come potevano in maniera che potesse ancora accompagnarmi.

E così sto facendo di nuovo. Forse non è soltanto colpa del vento, ma del tempo. Il mio cappello ha bisogno di nuovo di una aggiustatina in maniera che torni ad abbracciare la mia testa come ai bei tempi. O forse sto cambiando io più del cappello, magari mi sto rimpicciolendo con il tempo, così come fanno le aspettative quando gli anni si fanno numerosi.

Entrando fui accolto dalla solita eleganza. I cappelli da signora che arredavano le pareti erano bellissimi, come fermi nel tempo ma anche moderni.

Il mio cappello fu preso in carico da Alessandra mentre io mi guardavo attorno, evitando gli specchi per non scoprire quanto tempo era passato dalle prime volte che ero andato lì per trovare qualcosa di nuovo per me o per mia moglie.

Mi trovai nella malinconia del pensiero che questa tradizione del cappello, sacra alla mia famiglia, si era andata un po’ perdendo nel tempo, sostituita da mode diverse, forme più ardite dove l’acconciatura dei capelli, spesso aggressiva, doveva svolgere il compito che prima condivideva con il copricapo.

Poi il vento calò quasi d’improvviso, fuori. Il freddo, senza il supporto dell’aria in movimento, lasciò spazio ad un nevischio insidioso e fitto che era davvero insolito dalle nostre parti.

Ringraziai Alessandra dopo essermi accertato che tutto fosse tornato come prima e uscii per tornare a casa. Gli occhi si abituarono con lentezza al panorama insolito delle strade di Livorno spolverate di freddo. Il nevischio bruciava gli occhi che, chiusi a fessura, non riuscivano a riconoscere i luoghi dove spesso passeggiavo.

Così, d’un tratto, a pochi giorni dal Natale, mi parve di essere finito indietro nel tempo, in una città che non ricordavo più. Attorno a me figure frettolose si dirigevano per le ultime compere in centro. I loro bambini, trascinati contro voglia per mano, giocherellavano con le scarpe sulla neve sparsa e acquosa. E ognuno, ogni donna o uomo che incontrassi, aveva un cappello.

Fu un’incredibile giostra di colori e di forme che si stagliavano nel baluginio della neve. Un’apoteosi di incredibile grazia e bellezza. Fu quasi come se l’umanità avesse deciso con quel gesto di riprendersi il senno, o così pensai stupito.

Bombette, baschi, colbacchi, coppole, fedora. Pure qualche paglietta. Con quel freddo. Così lontana nel tempo.

Era forse il modo in cui il mondo aveva deciso tutto ad un tratto di riprendersi un destino? Di dare un tetto ai propri pensieri in maniera che tornassero a volare liberi e non condizionati? 

Non lo so e forse non lo saprò mai. Ma tutto sembrava tornato al suo posto, come se una società con il cappello rappresentasse il ritorno della dignità e dell’orgoglio.

Così tornai a casa più leggero, rassicurato da un fatto prezioso che vorrei che capiste: c’era di nuovo un cappello, un cappello per tutti, a covare i nostri sogni.

un racconto di CappellaioMatto

modisteria a livorno

La Modisteria a Livorno

La Modisteria a Livorno è Rinaldelli

Che bella storia! Di quelle che scopri così, per caso.

A volte ci muoviamo nelle città dove viviamo come guardando altrove. Cerchiamo la storia e la bellezza là dove non possiamo andare oppure ci muoviamo in transumanza per pochi giorni in luoghi dove cerchiamo di ingoiare arte e  cultura a velocità da fast food per poi dimenticare tutto in pochi giorni, relegando a qualche fotografia il compito arduo di mantenere una flebile fiammella di memoria.

Mi sento doppiamente colpevole quando scopro di non sapere qualcosa di bello e storico della mia città. È successo così per Rinaldelli: una modisteria a Livorno con un negozio in una delle principali vie del centro, una di quelle dove si passa molto spesso, magari presi da mille cose, e si finisce per non guardare davvero. O non accorgersi che…

Intanto che cos’è una modisteria, ignorante me? Siamo cresciuti nell’epoca del mass market, dove tutto è moltiplicato in quantità industriali, riprodotto su scala altissima e distribuito prevalentemente legando il prodotto ad un bombardamento mediatico di comunicazione pubblicitaria che fa sembrare tutto ovvio e raggiungibile.

I cappelli. Come nascono? Mi sento di fronte a questa semplice domanda un po’ come il bambino che chiede alla madre come nasce il fratellino. Ci sono cose che si danno per scontate: un cappello è un cappello. 

E invece scopri che oltre alle grandi industrie manifatturiere, ai grandi marchi di moda, resiste una sparuta enclave di produttori di qualità, artigiani, che creano i loro cappelli seguendo mode, richieste, idee.

Questa storia viene da lontano, parte da un’epoca bellissima ed elegante in cui nessuno, di qualsiasi classe sociale fosse, poteva fare a meno almeno di un cappello.

Era un’epoca in cui la moda lo prevedeva così, come un dogma riconosciuto. Le signore sfilavano per le vie con i copricapo più belli e bizzarri; gli uomini vestivano cappelli a falda larga oppure berretti contro il freddo. Ecco. Era un fatto di necessità e vanto allo stesso tempo. 

Alla Domenica in chiesa non si poteva non andare vestiti eleganti. Ricordo una foto di mio nonno, di tanti tanti anni fa. Campeggiava su una delle mensole che mia nonna custodiva come se fossero teche religiose. Mio nonno nella foto aveva quello sguardo inconfondibile proveniente da quell’epoca. Sembrava un attore americano nella sua bella giacca con cravatta classica e con il suo bellissimo cappello intesta che dava importanza a tutta la figura. Non si sarebbe mai detto che faceva un lavoro umile. Eppure, nei giorni di festa, si sentiva l’esigenza di mostrare il proprio orgoglio, la propria dignità, aiutandosi con il vestito.

Mi fa sorridere che spesso nella vita di tutti i giorni, oggi, accada quasi il contrario: passiamo intere giornate impinguinati all’interno di vestiti eleganti per ben apparire sul luogo di lavoro per poi rilassare corpo e anima nei giorni di festa in una tuta da ginnastica o dentro al maglione largo di anni fa, come se il cambio dall’istituzionale al sobrio definisse il momento della pausa, sempre più raro.

E non portiamo più il cappello. O molto poco.

Lo portiamo allo stadio, con sopra i vessilli ed i colori della nostra squadra. Ci obblighiamo a portarlo nei giorni di freddo intenso, e qui via con il cappellino di lana, o lo sfoggiamo, ancora, sulle piste da Sci, e allora per darci importanza prendiamo qualcosa di sgargiante e vistoso, perché dobbiamo farci notare.

Però… però dopo un periodo in cui il cappello sembrava essere caduto nel dimenticatoio già da qualche tempo si comincia a rivedere di più. Ho letto anche articoli interessanti,  provenienti da oltreoceano, che spingono a recuperare questa pratica dell’abbigliamento.

Il cappello, sopratutto quelli da signora, sembrava relegato ai VIP, alle cerimonie sfarzose. Adesso però molte donne, anche giovani, hanno intuito la bellezza di questo oggetto e sognano di averne di propri, in guise, colori e impressioni diversi.

Ecco quindi che incontrare Alessandra e la sua arte manuale diventa qualcosa di assolutamente affascinante. Le sue conoscenze, tramandate sino a lei dalla nonna prima e dalla madre poi, custodiscono l’arte di indossare un cappello.

Voglio dire che lei è in grado non soltanto di creare cappelli bellissimi da un’idea ma anche di riprodurne su commissione e richiesta, magari partendo proprio da un modello che si è visto in TV o su qualche rivista.

Realizzare un cappello per una persona risponde a necessità del tutto simili a quelle che servono per realizzare un abito che calzi a pennello. Così come si fa quindi dal sarto o dal creatore di moda per scegliere un abito da lavoro, da cerimonia, allo stesso modo si va da Alessandra per avere il cappello dei sogni: quell’oggetto esatto, proprio quello, che prende in mano i tuoi sogni e li mostra in pubblico, in maniera delicata e subliminale.

Ogni testa poi ha il suo percorso storico. La mia, per esempio, è accessorio-repellente a cappelli e occhiali. O così pensavo. Perché come dice Alessandra “non esiste testa che non nasca per il suo cappello”. Pensate che io credevo che fosse il contrario.

Mi viene in mente la scena famosissima di Harry Potter in cui un cappello viene calato sulla testa dei nuovi arrivati alla scuola di magia per essere selezionati nella casata giusta.

Un cappello sceglie noi molto più di quanto si creda. Ma se volete davvero trovare il cappello che vorrebbe voi dovete andare da chi ve lo sa indicare, suggerire, modificare, adattare e poi lasciare in affidamento.

Perché per Alessandra, come per tutti i creativi e gli artigiani, ogni opera che lascia il suo negozio è un pezzo di cuore che sparge nel mondo.

Ed è brava. Molto brava. Andatela a trovare e finirete in un luogo dove il tempo non conta più e dove a modelli moderni, giovani e alla moda, si affiancano pezzi unici, straordinari, alcuni dei quali potrete scorgere qui sul suo nuovo Sito Web grazie alle foto di testa di Attilio Zavatta e alle altre di Marina Ciriaci.

Tutto questo, aggiunto a quanto vi racconteranno Alessandra e Francesca sul blog non valeva la pena di affacciarsi alla platea di Internet? Soprattutto quando mi è stato detto che le modisterie artigiane, in Italia, stanno scomparendo?

Io credo di sì, e sono sicuro che i loro contenuti del blog, che io impropriamente ma con onore oggi inauguro, sapranno incuriosirvi e divertirvi allo stesso tempo. Perché sono persone splendide, vere signore, ma anche livornesi, quindi il serio ed il faceto saranno l’humus di questo spazio fecondo.

Benvenuti a tutti sul nuovo sito di Rinaldelli Modisteria dal 1930. Sentitevi a casa…

articolo by Leonardo Vannucci (lvannucci@affabula.com)